BUONE LETTURE

Modernismo: estetica e rivoluzione

Modernismo: teoria e forme dell’arte nuova

La rivalutazione dell’immaginazione e del sentimento nel romanticismo
La riflessione sul realismo
Nascita dell’arte nuova
Realismo e simbolismo
La cosiddetta generazione del 98 e il modernismo
Miguel de Unamuno
Il Novecentismo
L’immagine disumanizzata

Il volume presenta la nascita e lo sviluppo del rinnovamento artistico e letterario spagnolo, le sue radici nel simbolismo francese e suoi sviluppi nelle avanguardie del Novecento. “Modernismo“, come avviene per il corrispondente italiano “decadentismo“, è termine che indica sia la prima fase estetizzante del processo di creazione della nuova estetica, sia, per estensione, l’intera epoca letteraria, che include anche le avanguardie storiche.
Il titolo del volume fa riferimento a “una” teoria e a “molte” forme, individuando una concezione estetica unitaria soggiacente a tutti i progetti artistici e letterari dell’epoca, della quale gli artisti del tempo mostrano di essere perfettamente consapevoli.

 

Baudelaire e il modernismo: Estetismo, critica antiborghese e prospettiva interculturale

Scrive Baudelaire: «Questo sole che, qualche ora fa, schiacciava ogni cosa con la sua luce diritta e bianca, ora va a inondare l’orizzonte occidentale di vari colori. Nei giochi di questo sole agonizzante, certi spiriti poetici troveranno delizie nuove; vi scopriranno colonnati abbaglianti, cascate di metallo fuso, paradisi di fuoco, uno splendore triste, la voluttà del rimpianto, tutte le magie del sogno, tutti i ricordi dell’oppio. E il tramonto del sole apparirà loro come la meravigliosa allegoria di un’anima carica di vita, che scende dietro l’orizzonte con una magni-fica provvista di pensieri e di sogni».

Il volume analizza la rivoluzione estetica di Baudelaire e la sua influenza nell’arte contamporanea e nel modernismo spagnolo, particolarmente in Ramón del Valle-Inclán, Manuel Machado, Azorín, José Ortega y Gasset. Vengono, inoltre, trattate questioni strettamente intrecciate alla letteratura del decadentismo: l‘esotismo, ad esempio, è visto non come fuga letteraria bensì come ricerca di modelli alternativi a quelli della civiltà borghese ed eurocentrica del XIX secolo; la nozione di “generazione del 98” viene considerata come un tentativo infelice di dare un diverso nome al movimento artistico modernista; viene messa in luce una prospettiva interculturale presente nel movimento stesso, e viene criticata la nozione di “post-modernità“.

L’emozione interiore e il gesto misterioso:
Estetismo ed esoterismo nei racconti galanti di Ramón del Valle-Inclán

I racconti galanti di Valle-Inclán, raccolti in “Femeninas” (1895) e “Corte de amor” (1903) sono tra i migliori esempi dello stile modernista, con la loro raffinatezza formale, l’eleganza, l’ironia, la provocazione antiborghese, l’esotismo, lo spiazzamento del lettore attraverso trovate inattese.
Accanto a questi elementi, Valle-Inclán introduce contenuti simbolici e fa costante riferimento a valori esoterici legati alla figura femminile. I testi delle due raccolte, infatti, pur essendo indipendenti tra loro, sono disposti secondo una struttura che dà al libro, nel suo insieme, un valore aggiuntivo a quello dei singoli racconti, il cui asse portante è la metafisica pagana del complesso Donna-Dea-Serpente.
Fondendo il piano simbolico e quello reale, i racconti sembrano affermare che il potere che genera il divenire (la natura naturans, la sorgente dell’essere) costituisce una dimensione profonda in cui l’essere umano femminile è radicato, dimensione che sfugge ad ogni tentativo di possesso da parte dell’umano maschile, al quale è precluso l’accesso ad essa.
Il volume analizza in modo chiaro e rigoroso questa tematica, inquadrandola nel contesto della concezione modernista, ovvero decadente, dell’arte e della letteratura.

Il duende, il sacro e la poesia:
Flamenco e avanguardia nell’estetica di Federico García Lorca 

In Juego y teoría del duende, conferenza letta per la prima volta a Buenos Aires nel 1933, García Lorca definisce una connessione, poi divenuta pressoché indissolubile, tra l’autentica arte del flamenco (canto, ballo, e toque, ovvero esecuzione musicale) e una condizione emozionale dell’artista che si realizza a seguito dell’ “irruzione del duende”, cioè una forma, tutta da precisare, di invasamento o enthousiasmos che ha somiglianze con l’esperienza del dionisiaco. La critica si è chiesta fino a che punto questa esperienza interiore del duende fosse effettivamente, al tempo di García Lorca, una nozione comune nell’ambiente del flamenco, o se invece non sia stato proprio lo stesso poeta a crearne il mito, magari sistematizzando e ampliando dei riferimenti occasionali a duendes presenti nella tradizione popolare andalusa.
Scopo del volume è analizzare come il poeta andaluso ci restituisce questa immagine del duende e tutto ciò che essa contiene, in particolare come, partendo dall’ambito del flamenco, egli delinei una completa teoria estetica d’avanguardia contrapposta sia al classicismo sia alla tradizione barocca e romantica. Più ancora, per le caratteristiche della sua concezione dell’arte, il poeta deve affrontare l’analisi della persona umana e ne mette in primo piano la fisicità, la carne vivente, aperta verso l’esterno al mondo reale e verso l’interno a una interiorità personale che, nelle sue ultime propaggini, comunica con il divino, trovando in tale contatto la sua autenticità e la sua origine.
I tre piani dell’arte, della realtà (che comprende la persona come un frammento dell’esistente), del divino su cui tutto poggia, sono strettamente articolati e il loro punto di fusione è espresso appunto dell’immagine dell’irruzione del duende: il duende non è un’entità estranea che si impossessa dell’individuo, bensì al contrario, si tratta per la persona di ritrovare, con un’esperienza vissuta, la pienezza della propria autenticità e, di conseguenza, l’originalità della propria arte.
In appendice al saggio viene riportata la traduzione commentata delle due conferenze di García Lorca dedicate al flamenco: quella già citata sul duende e El cante jondo, primitivo canto andaluz, del 1922.

«Un po’ serpente e un po’ gatta in amore»:
Flamenco e identità andalusa dalle origini a García Lorca 

La complessa tradizione del flamenco (canto, musica e ballo) si organizza nel corso di un lungo processo di elaborazione sotterranea a seguito del “travaso” nel mondo gitano di consistenti gruppi di moriscos spagnoli: colpiti dal decreto di espulsione del 1609, essi si nascondono negli accampamenti di zingari, si confondono con loro e permettono la fusione delle tradizioni musicali arabo-andaluse con quelle che i gitani traevano dall’Oriente. Verso la fine del XVIII secolo, quando ai gitani vengono riconosciuti, se non tutti, almeno i principali diritti di cittadinanza e viene abolita, almeno formalmente, la loro discriminazione nel mondo del lavoro, la tradizione flamenca diventa visibile anche per i non gitani ed è possibile assistere a canti e balli che prima si svolgevano solo nei loro accampamenti.Ben presto il flamenco diventa oggetto sia di studi scientifici sia di un interesse politico, che lo interpreta come elemento essenziale dell’identità andalusa, come una sorta di cordone ombelicale che lega il presente all’Andalusia musulmana e al Regno di Granada, nel quadro di rivendicazioni autonomiste e istanze federaliste.Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento il flamenco vive un periodo d’oro, grazie alla sua diffusione nei “café cantantes“, alla presenza di artisti di altissimo livello, e a un’oggettiva sintonia con gli ambienti artistici e letterari d’avanguardia (il “modernismo” spagnolo), ma tale successo non è sufficiente ad abbattere pregiudizi e ostilità nei confronti di questa tradizione artistica o dei luoghi, presuntivamente malfamati, in cui si svolgono gli spettacoli.La polemica tra flamenchismo e antiflamenchismo è ininterrotta fino al Concorso di cante jondo di Granada, del 1922, organizzato da Federico García Lorca e da Manuel de Falla, compositore spagnolo di fama internazionale. Svoltasi tra mille polemiche, tale manifestazione segna il riconoscimento ufficiale del valore culturale del flamenco, che oggi è considerato dall’Unesco patrimonio immateriale dell’umanità. Scritto in modo chiaro e ameno, anche sottolineando con ironia l’umorismo involontario dei detrattori del flamenco, il libro ne ripercorre la storia dalle origini al 1922, ricostruisce grazie alle fonti dell’epoca gli ambienti, i personaggi e il folclore legato alle “juergas” flamenche, e presenta una preziosa selezione di testi in traduzione italiana, di Blas Infante, Federico García Lorca, Manuel de Falla, Ramón Gómez de la Serna, e di articoli collegati al Concurso de Cante Jondo di Granada del 1922.