{"id":2010,"date":"2024-03-28T23:12:31","date_gmt":"2024-03-28T21:12:31","guid":{"rendered":"https:\/\/claydscap.com\/?p=2010"},"modified":"2024-03-29T11:41:13","modified_gmt":"2024-03-29T09:41:13","slug":"ercole-bassi-collettivismo-e-lotta-di-classe-1919","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/claydscap.com\/ercole-bassi-collettivismo-e-lotta-di-classe-1919\/","title":{"rendered":"Ercole Bassi: Collettivismo e lotta di classe 1919"},"content":{"rendered":"
Ercole Bassi<\/a>
\n
Collettivismo e lotta di classe<\/a>
\n(1919)
\na cura di Gianni Ferracuti<\/h6>\n

Il testo \u00e8 un opuscolo di propaganda pubblicato nel 1919 dal Fascio Popolare di Educazione Sociale di Milano. In quest\u2019epoca il termine fascio appartiene ancora al lessico della sinistra radicale: identifica un raggruppamento o un\u2019associazione a carattere politico o sindacale o un coordinamento di vari gruppi convergenti su un progetto politico; il termine era gi\u00e0 diffuso nel secolo precedente e anche graficamente il fascio era stato il simbolo del Partito Radicale.<\/p>\n

Nell\u2019immediato dopoguerra vengono fondati fasci in ogni regione del Paese ad opera di sindacalisti rivoluzionari, fuoriusciti dal partito socialista, ex combattenti, futuristi… organizzazioni che confluiranno, nell\u2019una o nell\u2019altra forma, nei Fasci Italiani di Combattimento, costituiti a Milano il 23 marzo 1919, a Piazza San Sepolcro, i cui principali promotori sono Marinetti, Mussolini, De Vecchi, gli arditi di Mario Carli, i sindacalisti rivoluzionari con Alceste de Ambris, a cui si deve la parte economica del cosiddetto programma di sansepolcro, o sansepolcrista, e i nazionalisti di sinistra di Corradini.<\/p>\n

Vi confluisce anche il Fascio Popolare di Educazione Sociale, che era stato fondato l\u2019anno precedente su iniziativa di Luigi Lojacono (che poi sarebbe stato Sottosegretario al Ministero delle Comunicazioni dal 1932 al 1935), insieme a Mario Floriani, volontario di guerra e collaboratore del Popolo d\u2019Italia<\/em> (\u201cQuotidiano Socialista\u201d fondato da Mussolini), che ne d\u00e0 notizia il 7 dicembre 1918, con una nota intitolata Un\u2019iniziativa di combattenti: Per un fascio popolare di educazione sociale<\/em>, corredata da una breve nota redazionale di approvazione. I contatti con i Fasci di combattimento sono riferiti in un articolo di Mussolini, sempre sul Popolo d\u2019Italia<\/em>, il 3 luglio 1919: Oggi il fascismo \u00e8 la forza pi\u00f9 audace.<\/em><\/p>\n

L\u2019amalgama di forze di sinistra confluite nei Fasci si era gi\u00e0 compattato sull\u2019interventismo nella prima guerra mondiale, intesa come guerra rivoluzionaria destinata ad abbattere gli imperi reazionari: quello austro-ungarico e quello zarista, nello stesso tempo in cui avrebbe permesso di portare a termine l\u2019unit\u00e0 d\u2019Italia, estendendola alle “terre irredente”, e di rivoluzionare la struttura economica del Regno sabaudo. Pochi mesi dopo la riunione di Piazza San Sepolcro, tutte le componenti presenti si sarebbero ritrovate a sostenere l\u2019impresa di D\u2019Annunzio a Fiume (sia pure con qualche perplessit\u00e0 circa le reali intenzioni di Mussolini). Nel 1920, proclamando a Fiume la Reggenza Italiana del Carnaro, il Comandante D\u2019Annunzio e De Ambris predisponevano una carta costituzionale, la Carta del Carnaro (essa s\u00ec la pi\u00f9 bella costituzione del mondo), che trasformava il programma sansepolcrista in una concezione organica dello Stato e della societ\u00e0.<\/p>\n

Disgraziatamente, l\u2019impresa di Fiume finisce in modo tragico, con l\u2019attacco della Regia Marina italiana alla citt\u00e0 istriana e la sconfitta del Comandante nel cosiddetto natale di sangue del 1920. Al momento dello scontro finale, Mussolini di fatto si tira indietro, sostanzialmente concordando col Governo un\u2019opposizione nominale e di facciata all\u2019attacco contro la Reggenza fiumana.<\/p>\n

La svolta di Mussolini (ragionando ora in termini esclusivamente politici<\/em>) non \u00e8 priva di una sua logica e prelude alla successiva svolta \u201creazionaria\u201d realizzata con la fondazione del Partito Nazionale Fascista. Infatti, la fine dell\u2019impresa dannunziana dimostra che, inequivocabilmente, le forze armate italiane restano fedeli al re e non \u00e8 possibile immaginare un percorso rivoluzionario senza di esse; e se non ottiene l\u2019appoggio delle forze armate uno straordinario ed amato eroe di guerra come D\u2019Annunzio, non pu\u00f2 ottenerlo nessun altro. Detto pi\u00f9 chiaramente: l\u2019idea di partire da Fiume per marciare su Roma non rientra nelle possibilit\u00e0 offerte dalla situazione. Mussolini, dunque, mette da parte D\u2019Annunzio, accantonando ogni altra considerazione, per tentare un diverso cammino politico che definirei: una rivoluzione dall\u2019alto, passando attraverso un compromesso con la monarchia e con le forze economiche che ad essa fanno riferimento.<\/p>\n

Mussolini copier\u00e0 tutto ci\u00f2 che \u00e8 stato creato dai futuristi e, soprattutto da D\u2019Annunzio: le divise, i discorsi dal balcone, l\u2019azione diretta, il pugnale tra i denti e l\u2019esaltazione degli arditi, il me ne frego e l\u2019eia eia alal\u00e0, i riferimenti alla romanit\u00e0 (ben pi\u00f9 raffinati nel Comandante), dirottando tutto questo in una via istituzionale: garantisce alla monarchia il controllo dell\u2019ordine pubblico, la sopravvivenza contro le spinte repubblicane dei movimenti e dei fasci, la protezione dall\u2019incipiente comunismo, e in cambio ottiene il governo, passando attraverso la quasi<\/em> farsa della marcia su Roma del 1922. Quasi farsa, ma sostanzialmente una recita in cui gli attori non si fidano l\u2019uno dell\u2019altro: Dino Grandi, che non era uno sciocco, aveva capito che la marcia su Roma non avrebbe avuto alcuna speranza se solo l\u2019esercito avesse avuto l\u2019ordine di sparare; ma non lo ebbe. Allo stupito ministro Facta, che chiedeva giustificazione al re del mancato intervento, \u201cSciaboletta\u201d farfugli\u00f2 scuse senza senso, non potendo dire che rispettava i patti con Mussolini.<\/p>\n

Qui, per\u00f2, comincia una storia che ora non ci interessa. Con la svolta di Mussolini, una parte del movimento rivoluzionario entrer\u00e0 nel Partito Nazionale Fascista, e un\u2019altra parte cercher\u00e0 di fermarlo, anche a colpi di bombe a mano, con l\u2019aiuto dei vecchi socialisti e della pattuglia dei comunisti, costantemente in ritardo rispetto all\u2019evoluzione politica. Il biennio 1920-22 vede in prima fila contro i fascisti gli arditi del popolo, i sindacalisti rivoluzionari di De Ambris e, minoritari, i socialcomunisti.<\/p>\n

Tornando al testo, evidentemente non si tratta di un esaltante trattato di teoria politica: \u00e8 un opuscolo di propaganda, ma proprio per questa sua finalit\u00e0 pratica ha in interesse straordinario perch\u00e9 mostra quali sono i grandi temi discussi nel momento. L\u2019autore, Ercole Bassi, \u00e8 un avvocato di Delebio, in Valtellina, che ha un incarico come magistrato a Milano; \u00e8 vicino al movimento cooperativo, ma sostanzialmente la sua pubblicistica politica \u00e8 molto scarsa. Le argomentazioni, per\u00f2, sono interessanti.<\/p>\n

L\u2019obiettivo polemico del libello, pur parlandosi di socialismo, \u00e8 in realt\u00e0 l\u2019incipiente comunismo italiano che, dopo il colossale errore politico di non capire i fasci di San Sepolcro n\u00e9 l\u2019impresa di Fiume, compie la scelta suicida di sposare le formule politiche della rivoluzione di Lenin in Russia. Si pu\u00f2 capire che questa sinistra, ancora molto ottocentesca, si esalti per la vittoria del proletariato in Russia, ma questa esaltazione la condividevano anche i futuristi e i dannunziani e, gli articoli del Popolo d\u2019Italia <\/em>lo testimoniano, anche Mussolini. La differenza era, per\u00f2, su un\u2019altra questione, cio\u00e8 se questa meravigliosa rivoluzione proletaria avesse elaborato soluzioni applicabili anche<\/em> alle societ\u00e0 europee, pi\u00f9 articolate, pi\u00f9 variegate, con una gamma di soggetti sociali attivi ben pi\u00f9 ampia di quella che costituiva la pi\u00f9 livellata societ\u00e0 russa: i comunisti italiani cominciano a parlare di collettivizzazione quando gi\u00e0 i futuristi parlano da anni di azionariato sociale e il socialismo europeo ha elaborato un pensiero sindacale avanzato con Sorel e, in Italia, con il comunismo critico di Labriola.<\/p>\n

Dunque, l\u2019obiettivo polemico del testo \u00e8 appunto l\u2019idea di collettivizzazione comunista nella sua proposizione come soluzione ai problemi italiani. In alternativa, viene invece proposto lo sviluppo e l\u2019incremento del movimento cooperativo, con una progressiva estensione della propriet\u00e0. Per\u00f2, a differenza di formulazioni ottocentesche dello strumento cooperativo, vi \u00e8 qui un\u2019influenza del sindacalismo rivoluzionario, nel senso che la cooperazione, che ha origine da un\u2019iniziativa autonoma delle forze sociali, deve essere supportata dallo stato: lo stato non \u00e8 neutrale, come nel pensiero liberale o, in parte, nel solidarismo cattolico, ma \u00e8 soggetto politico attivo che assume iniziative politiche a sostegno dei soggetti sociali deboli, produce servizi di welfare e interviene sulla contrattazione come elemento equilibratore, la cui missione \u00e8 la giustizia sociale.<\/p>\n

Come era apparso chiaro a De Ambris, dopo le sconfitte del sindacalismo rivoluzionario all\u2019inizio del secolo, lo stato non\u00a0 \u00e8 uno strumento destinato, utopisticamente, a sparire una volta realizzato il socialismo, ma \u00e8 concretamente lo strumento che realizza il socialismo e nel tutela la conservazione.<\/p>\n

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Ercole Bassi Collettivismo e lotta di classe (1919) a cura di Gianni Ferracuti Il testo \u00e8 un opuscolo di propaganda pubblicato nel 1919 dal Fascio Popolare di Educazione Sociale di Milano. In quest\u2019epoca il termine fascio appartiene ancora al lessico della sinistra radicale: identifica un raggruppamento o un\u2019associazione a carattere politico o sindacale o un coordinamento di vari gruppi convergenti su un progetto politico; il termine era gi\u00e0 diffuso nel secolo precedente e anche graficamente il fascio era stato il simbolo del Partito Radicale. Nell\u2019immediato dopoguerra vengono fondati fasci in ogni regione del Paese ad opera di sindacalisti rivoluzionari, fuoriusciti dal partito socialista, ex combattenti, futuristi… organizzazioni che confluiranno, nell\u2019una o nell\u2019altra forma, nei Fasci Italiani di Combattimento, costituiti a Milano il 23 marzo 1919, a Piazza San Sepolcro, i cui principali promotori sono Marinetti, Mussolini, De Vecchi, gli arditi di Mario Carli, i sindacalisti rivoluzionari con Alceste de Ambris, a cui si deve la parte economica del cosiddetto programma di sansepolcro, o sansepolcrista, e i nazionalisti di sinistra di Corradini. Vi confluisce anche il Fascio Popolare di Educazione Sociale, che era stato fondato l\u2019anno precedente su iniziativa di Luigi Lojacono (che poi sarebbe stato Sottosegretario al Ministero delle Comunicazioni dal 1932 al 1935), insieme a Mario Floriani, volontario di guerra e collaboratore del Popolo d\u2019Italia (\u201cQuotidiano Socialista\u201d fondato da Mussolini), che ne d\u00e0 notizia il 7 dicembre 1918, con una nota intitolata Un\u2019iniziativa di combattenti: Per un fascio popolare di educazione sociale, corredata da una breve nota redazionale di approvazione. I contatti con i Fasci di combattimento sono riferiti in un articolo di Mussolini, sempre sul Popolo d\u2019Italia, il 3 luglio 1919: Oggi il fascismo \u00e8 la forza pi\u00f9 audace. L\u2019amalgama di forze di sinistra confluite nei Fasci si era gi\u00e0 compattato sull\u2019interventismo nella prima guerra mondiale, intesa come guerra rivoluzionaria destinata ad abbattere gli imperi reazionari: quello austro-ungarico e quello zarista, nello stesso tempo in cui avrebbe permesso di portare a termine l\u2019unit\u00e0 d\u2019Italia, estendendola alle “terre irredente”, e di rivoluzionare la struttura economica del Regno sabaudo. Pochi mesi dopo la riunione di Piazza San Sepolcro, tutte le componenti presenti si sarebbero ritrovate a sostenere l\u2019impresa di D\u2019Annunzio a Fiume (sia pure con qualche perplessit\u00e0 circa le reali intenzioni di Mussolini). Nel 1920, proclamando a Fiume la Reggenza Italiana del Carnaro, il Comandante D\u2019Annunzio e De Ambris predisponevano una carta costituzionale, la Carta del Carnaro (essa s\u00ec la pi\u00f9 bella costituzione del mondo), che trasformava il programma sansepolcrista in una concezione organica dello Stato e della societ\u00e0. Disgraziatamente, l\u2019impresa di Fiume finisce in modo tragico, con l\u2019attacco della Regia Marina italiana alla citt\u00e0 istriana e la sconfitta del Comandante nel cosiddetto natale di sangue del 1920. Al momento dello scontro finale, Mussolini di fatto si tira indietro, sostanzialmente concordando col Governo un\u2019opposizione nominale e di facciata all\u2019attacco contro la Reggenza fiumana. La svolta di Mussolini (ragionando ora in termini esclusivamente politici) non \u00e8 priva di una sua logica e prelude alla successiva svolta \u201creazionaria\u201d realizzata con la fondazione del Partito Nazionale Fascista. Infatti, la fine dell\u2019impresa dannunziana dimostra che, inequivocabilmente, le forze armate italiane restano fedeli al re e non \u00e8 possibile immaginare un percorso rivoluzionario senza di esse; e se non ottiene l\u2019appoggio delle forze armate uno straordinario ed amato eroe di guerra come D\u2019Annunzio, non pu\u00f2 ottenerlo nessun altro. Detto pi\u00f9 chiaramente: l\u2019idea di partire da Fiume per marciare su Roma non rientra nelle possibilit\u00e0 offerte dalla situazione. Mussolini, dunque, mette da parte D\u2019Annunzio, accantonando ogni altra considerazione, per tentare un diverso cammino politico che definirei: una rivoluzione dall\u2019alto, passando attraverso un compromesso con la monarchia e con le forze economiche che ad essa fanno riferimento. Mussolini copier\u00e0 tutto ci\u00f2 che \u00e8 stato creato dai futuristi e, soprattutto da D\u2019Annunzio: le divise, i discorsi dal balcone, l\u2019azione diretta, il pugnale tra i denti e l\u2019esaltazione degli arditi, il me ne frego e l\u2019eia eia alal\u00e0, i riferimenti alla romanit\u00e0 (ben pi\u00f9 raffinati nel Comandante), dirottando tutto questo in una via istituzionale: garantisce alla monarchia il controllo dell\u2019ordine pubblico, la sopravvivenza contro le spinte repubblicane dei movimenti e dei fasci, la protezione dall\u2019incipiente comunismo, e in cambio ottiene il governo, passando attraverso la quasi farsa della marcia su Roma del 1922. Quasi farsa, ma sostanzialmente una recita in cui gli attori non si fidano l\u2019uno dell\u2019altro: Dino Grandi, che non era uno sciocco, aveva capito che la marcia su Roma non avrebbe avuto alcuna speranza se solo l\u2019esercito avesse avuto l\u2019ordine di sparare; ma non lo ebbe. Allo stupito ministro Facta, che chiedeva giustificazione al re del mancato intervento, \u201cSciaboletta\u201d farfugli\u00f2 scuse senza senso, non potendo dire che rispettava i patti con Mussolini. Qui, per\u00f2, comincia una storia che ora non ci interessa. Con la svolta di Mussolini, una parte del movimento rivoluzionario entrer\u00e0 nel Partito Nazionale Fascista, e un\u2019altra parte cercher\u00e0 di fermarlo, anche a colpi di bombe a mano, con l\u2019aiuto dei vecchi socialisti e della pattuglia dei comunisti, costantemente in ritardo rispetto all\u2019evoluzione politica. Il biennio 1920-22 vede in prima fila contro i fascisti gli arditi del popolo, i sindacalisti rivoluzionari di De Ambris e, minoritari, i socialcomunisti. Tornando al testo, evidentemente non si tratta di un esaltante trattato di teoria politica: \u00e8 un opuscolo di propaganda, ma proprio per questa sua finalit\u00e0 pratica ha in interesse straordinario perch\u00e9 mostra quali sono i grandi temi discussi nel momento. L\u2019autore, Ercole Bassi, \u00e8 un avvocato di Delebio, in Valtellina, che ha un incarico come magistrato a Milano; \u00e8 vicino al movimento cooperativo, ma sostanzialmente la sua pubblicistica politica \u00e8 molto scarsa. Le argomentazioni, per\u00f2, sono interessanti. L\u2019obiettivo polemico del libello, pur parlandosi di socialismo, \u00e8 in realt\u00e0 l\u2019incipiente comunismo italiano che, dopo il colossale errore politico di non capire i fasci di San Sepolcro n\u00e9 l\u2019impresa di Fiume, compie la scelta suicida di sposare le formule politiche della rivoluzione di Lenin in Russia. Si pu\u00f2 capire che questa sinistra, ancora molto ottocentesca, si esalti per la vittoria del proletariato in Russia, ma questa esaltazione la condividevano anche i futuristi e i dannunziani e, gli articoli del Popolo d\u2019Italia lo testimoniano, anche Mussolini. La differenza era, per\u00f2, su un\u2019altra questione, cio\u00e8 se questa meravigliosa rivoluzione proletaria avesse elaborato soluzioni applicabili anche alle societ\u00e0 europee, pi\u00f9 articolate, pi\u00f9 variegate, con una gamma di soggetti sociali attivi ben pi\u00f9 ampia di quella che costituiva la pi\u00f9 livellata societ\u00e0 russa: i comunisti italiani cominciano a parlare di collettivizzazione quando gi\u00e0 i futuristi parlano da anni di azionariato sociale e il socialismo europeo ha elaborato un pensiero sindacale avanzato con Sorel e, in Italia, con il comunismo critico di Labriola. Dunque, l\u2019obiettivo polemico del testo \u00e8 appunto l\u2019idea di collettivizzazione comunista nella sua proposizione come soluzione ai problemi italiani. In alternativa, viene invece proposto lo sviluppo e l\u2019incremento del movimento cooperativo, con una progressiva estensione della propriet\u00e0. Per\u00f2, a differenza di formulazioni ottocentesche dello strumento cooperativo, vi \u00e8 qui un\u2019influenza del sindacalismo rivoluzionario, nel senso che la cooperazione, che ha origine da un\u2019iniziativa autonoma delle forze sociali, deve essere supportata dallo stato: lo stato non \u00e8 neutrale, come nel pensiero liberale o, in parte, nel solidarismo cattolico, ma \u00e8 soggetto politico attivo che assume iniziative politiche a sostegno dei soggetti sociali deboli, produce servizi di welfare e interviene sulla contrattazione come elemento equilibratore, la cui missione \u00e8 la giustizia sociale. Come era apparso chiaro a De Ambris, dopo le sconfitte del sindacalismo rivoluzionario all\u2019inizio del secolo, lo stato non\u00a0 \u00e8 uno strumento destinato, utopisticamente, a sparire una volta realizzato il socialismo, ma \u00e8 concretamente lo strumento che realizza il socialismo e nel tutela la conservazione. 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