{"id":1988,"date":"2024-03-17T20:31:03","date_gmt":"2024-03-17T18:31:03","guid":{"rendered":"https:\/\/claydscap.com\/?p=1988"},"modified":"2024-03-18T10:04:11","modified_gmt":"2024-03-18T08:04:11","slug":"fatti-e-misfatti-di-un-vecchio-sciamano-impostore","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/claydscap.com\/fatti-e-misfatti-di-un-vecchio-sciamano-impostore\/","title":{"rendered":"Fatti e misfatti di un vecchio sciamano impostore"},"content":{"rendered":"

\"\"<\/a><\/p>\n

Lo Sciamano e il pensatore e altri scritti coevi<\/a><\/strong><\/p>\n

\u00abSe il divino, paradossalmente, si rivela attraverso il mondo, quest’ultimo pu\u00f2 esser vi-sto secondo due diverse prospettive: a) ci\u00f2 che le cose sono fisicamente; b) ci\u00f2 che esse si-gnificano in quanto ierofanie. L’uomo arcaico si \u00e8 occupato della seconda prospettiva. Se la divinit\u00e0 pu\u00f2 manifestarsi attraverso il mondo sensibile, questo, allora, non pu\u00f2 essere radicalmente altro dalla divinit\u00e0. Come minimo \u00e8 necessario che esso sia assoggettato al potere del divino. pi\u00f9 specificamente, nella mentalit\u00e0 arcaica e mitica, il mondo \u00ab\u00e8\u00bb, formal-mente, un potere del divino. Cos\u00ec l’uomo non si preoccupa di ci\u00f2 che l’oggetto \u00e8 secondo la prospettiva scientifico-razionale, non perch\u00e9 non abbia le capacit\u00e0 intellettuali per porsi tali problemi, ma perch\u00e9 sa gi\u00e0 che cosa l’oggetto \u00e8 in ultima analisi: \u00e8 un potere del divino. Il significato dell’universo si racchiude nel fatto che esso, ontologicamente, \u00e8 espressione di una realt\u00e0 trascendente e illimitata, che per\u00f2, in un certo senso, si autolimita nelle cose, per manifestarsi attraverso di esse, senza che la sua trascendenza venga meno. Ci\u00f2 d\u00e0 all’universo una struttura intima, che \u00e8 cosmos, alla vita un significato interiore, che \u00e8 rito, pur dentro l’ambito della concreta libert\u00e0 umana.\u00bb<\/p>\n

\"\"<\/a><\/p>\n

Parmenide e la capra (Arkh\u00e9 2)<\/a><\/strong><\/p>\n

Parmenide e la capra \u00e8 un breve trattato, molto \u201corientale\u201d, sull\u2019alchimia del sentire e sulla critica dell\u2019idea dell\u2019essere. Si tratta di due aspetti connessi al tema dell\u2019Arkh\u00e9, dell\u2019\u00aborigine\u00bb, intesa sia nel senso greco del momento iniziale del divenire della realt\u00e0, sia come radice attuale del dinamismo del reale: il reale \u00e8 attivo per se stesso in virt\u00f9 del suo potere, da cui emana come da una sorgente perenne. Questa sorgente inesauribile \u00e8 il potere del divino in attivit\u00e0, che produce e regge l\u2019universo. Interno al reale, come un frammento di esso, lo sguardo dell\u2019individuo non pu\u00f2 andare oltre l\u2019osservazione dell\u2019effetto del potere in attivit\u00e0 (la \u201cnatura naturans\u201d, nell\u2019espressione della scolastica medievale), non pu\u00f2 cio\u00e8 costruire una filosofia che sia davvero meta-fisica; pu\u00f2, per\u00f2, demolendo l\u2019illusorio concetto di \u201cessere\u201d, percepire la natura come una totalit\u00e0 organica e vivente con la quale \u00e8 in comunicazione. Tra la persona e la realt\u00e0 non c\u2019\u00e8 n\u00e9 un legame logico, n\u00e9 un distanziamento insuperabile, n\u00e9 una confusione panteista, bens\u00ec una comunicazione vitale che, nel sentire personale, pur tra mille voci a volte contraddittorie e ambigue, lascia trasparire un\u2019eco della voce divina. Nel mondo troviamo tante realt\u00e0 diverse, e di tutte predichiamo l’entit\u00e0, operando gi\u00e0 una separazione concettuale tra l’entit\u00e0, che \u00e8 unica, e le cose singole, che sono tante, molteplici, diverse, irriducibili tra loro. Quando parliamo dell’albero come di un ente, abbiamo gi\u00e0 astratto dall’albero (che \u00e8 concreto, produce mele, secca e diventa legna da ardere) qualcosa che non \u00e8 albero ma: \u00abalbero a prescindere da tutte le sue caratteristiche eccetto l’esistenza\u00bb. Il concetto di ente contiene gi\u00e0 la teoria dell’essere. Per\u00f2 non spiega come sia possibile prescindere da tutte le caratteristiche dell’albero tranne una: quando operiamo questa astrazione, non parliamo di alberi reali, prescindiamo completamente dall’intero mondo della nostra esperienza e parliamo di un albero che non abbiamo mai percepito con i sensi. La complessa realt\u00e0 dell’albero viene separata dal suo puro essere qui – un albero che non esiste e di cui dimostriamo l’esistenza con il ragionamento. Esser-qui, di che? Non l’esser-qui di una cosa reale, ma un esser-qui indeterminato e senza cose: un fantasma. Ente viene da ens, traduzione latina del greco on, participio presente del verbo essere in una strana forma neutra. Vuol dire essente, ed \u00e8 tratto da una situazione reale. Significa che dinanzi agli occhi di Parmenide seduto su una panca c’\u00e8 la capra, l’erba che la capra sta brucando, poco pi\u00f9 in l\u00e0 c’\u00e8 Zenone, vicino la brocca del vino, e da qualche parte un ruscello di cui si sente lo scorrere dell’acqua. Tutte queste cose sono qui, presentemente, ma ciascuna cos\u00ec come \u00e8: la capra come capra, e andr\u00e0 al ruscello a bere; Parmenide come Parmenide, Zenone come Zenone, ed entrambi bevono il vino. Ognuna di queste realt\u00e0 ha la sua consistenza. Si ipotizza che queste consistenze diverse siano modi di una consistenza unica, indifferenziata, di una consistenza in s\u00e9; cio\u00e8 che primariamente le cose consistano nel consistere e che la loro differenziazione non sia la condizione costitutiva, irrinunciabile, ultima di ogni consistere concreto. Si ipotizza che esser-Parmenide ed esser-capra implichino un essere-senza-attributi, senza ci\u00f2 che lo rende ora Parmenide ed ora capra. Questa appunto l’ipotesi da demolire.<\/p>\n

\"\"<\/a><\/p>\n

Vie del sapere tra Oriente e Occidente (Arkh\u00e9 3)<\/a><\/strong><\/p>\n

L’apparente forza logica dell’idea secondo cui l’essere \u00e8, e non pu\u00f2 non essere<\/span>\u00a0(questa \u00e8 la sostanza del discorso, anche se la formula usata da Parmenide \u00e8 un po’ pi\u00f9 complessa), cade osservando che il termine che traduciamo con\u00a0essere<\/span>,\u00a0to on<\/span>, viene usato nel significato linguistico che gli appartiene secondo la grammatica greca, ma\u00a0dopo che lo si \u00e8 tolto dalle condizioni che lo rendono significante nella lingua reale<\/span>. Nella lingua reale diciamo che una cosa \u201c\u00e8”, in quanto abbiamo visto le sue caratteristiche, il suo aspetto, e dunque ci appare…\u00a0essere un asino, una capra, una botte, una persona<\/span>. Insomma usiamo il verbo essere in costante riferimento a un soggetto, un luogo, un tempo:\u00a0a qualcosa di determinato.<\/span>
\nProprio perch\u00e9 ci sono queste determinazioni il verbo\u00a0essere<\/span>\u00a0ha un significato comprensibile. Siccome davanti a me \u201cc’\u00e8\u201d<\/span>\u00a0un oggetto che possiede le determinazioni e le caratteristiche della capra, si capisce che cosa dico quando uso la frase:\u00a0questa \u201c\u00e8” la capra.\u00a0<\/span>Ma se non c’\u00e8 la capra, non posso usare il verbo\u00a0essere.<\/span>\u00a0Se qualcuno mi dice che\u00a0c’\u00e8<\/span>\u00a0qualcosa che non ha alcuna determinazione, ma che possiamo chiamare\u00a0essere<\/span>, allora deve presentarmi questa cosa, perch\u00e9 io non l’ho mai vista e non credo che esista. Di qualcosa che al tempo stesso\u00a0sia<\/span>, ma non\u00a0abbia<\/span>\u00a0determinazioni, non abbiamo alcuna esperienza. \u00c8 vero che\u00a0c’\u00e8<\/span>\u00a0l’albero e\u00a0c’\u00e8<\/span>\u00a0la capra, ma \u00e8 ipotetico che l’essere-albero<\/span>\u00a0e l’essere-capra<\/span>\u00a0implichino un\u00a0essere-n\u00e9-albero-n\u00e9-capra, e tuttavia continuando a essere con effettivit\u00e0 di realt\u00e0<\/span>: non c’\u00e8 esperienza di questo. Astrarre un\u00a0essere comune<\/span>\u00a0dalle frasi (effettivamente significanti): \u201cquesta \u00e8 la capra”, \u201cquesta \u00e8 la brocca”, equivale ad\u00a0astrarre la parola che hanno in comune (\u201c\u00e8”), pretendendo che possa conservare il suo significato<\/span>. Come dimostrazione vale quanto astrarre dalle due frasi l’articolo \u201cla” e pretendere che sia la radice dell’intero universo.
\nLao-tze, il maestro a cui viene attribuito il\u00a0Tao-t\u00ea-ching<\/span>, non c’era cascato. Se qualcosa ha un nome e\/o una forma, vuol dire che si colloca all’interno del processo della generazione, o divenire: \u00e8 nato da qualcos’altro. Se si cerca l’origine dell’intero processo del divenire mondano, cio\u00e8 del complesso delle cose che hanno nome e forma, bisogna vederla non in qualcosa che \u00e8 gi\u00e0 differenziato e individuato (=\u00e8 uno degli esseri), ma in un principio formatore e, pertanto, pre-formale, al quale non possiamo applicare alcun nome di quelli che usiamo per distinguere e denominare gli esseri mondani. Per quanto pesi a Parmenide, ci\u00f2 che \u201c\u00e8” pu\u00f2 derivare solo dal\u00a0non essere<\/span>.<\/p>\n

\"\"<\/a><\/p>\n

Physis: l\u2019origine e le differenze (Arkh\u00e9 4)<\/a><\/strong><\/p>\n

D\u2019altro canto, non ci si pu\u00f2 neppure illudere circa l\u2019esisten-za di un soggetto<\/em>: soggetto e oggetto sono astrazioni che si creano contestualmente: ci\u00f2 che oggettivizza il mondo \u00e8 il punto di vista intellettuale che, immediatamente, rivendica per s\u00e9 la qualit\u00e0 di soggetto. Ma come l\u2019oggetto \u00e8 distante dal mondo reale, altrettanto lo \u00e8 il soggetto dalla persona concretamente vivente: soggetto e oggetto sono separati tra loro e distanti dalla realt\u00e0, o meglio, sono reali nella particolare forma della simulazione<\/em>: simuliamo che la persona sia un punto di vista ideale, capace di abbracciare simultaneamente tutti i punti di vista possibili, e questo produce una simulazione di realt\u00e0, come in una carta geografica: \u00e8 ovvio che questo sia utilissimo e forse imprescindibile, ma il mondo vero resta fuori dallo schema che lo rappresenta.<\/p>\n

\"\"<\/a><\/p>\n

Giorgio Colli: la sapienza folgorante<\/a><\/p>\n

Apollo e Dioniso, dunque, coincidono in quanto conducono all’estasi. Poi si pone un problema successivo: manifestare e comunicare la sapienza. \u00c8 un problema di espressione: da un lato usiamo parole che hanno gi\u00e0 un significato quotidiano e consolidato nell’uso corrente, dall’altro dobbiamo esprimere attraverso queste parole standardizzate qualcosa che si lega a un’esperienza inconsueta ed eccezionale. Allora, le parole abituali, che per il loro uso corrente richiamano oggetti dell’esperienza quotidiana, risultano equivoche e fuorvianti. Di conseguenza, se occorre esprimersi con parole, sar\u00e0 necessario fare in modo che esse non abbiano un senso immediato e rapportabile alla loro quotidianit\u00e0; si ha bisogno di un uso diverso, che obblighi l’ascoltatore ad abbandonare il pregiudizio di conoscere gi\u00e0 l’intero significato dei termini impiegati. Da qui l’espressione basata sul paradosso, sull’enigma, l’apparente incomprensibilit\u00e0 che richiede la mediazione di un interprete.<\/p>\n

\"\"<\/a><\/p>\n

In vino veritas…: Dionisismo e fine della filosofia in Ortega y Gasset<\/a><\/p>\n

Negli ultimi quindici anni circa della sua attivit\u00e0, Jos\u00e9 Ortega y Gasset ha cercato una filosofia che non solo fosse nuova rispetto alle precedenti, come spera ogni filosofo di razza, ma fosse anche rivoluzionaria rispetto alla sua, quella che aveva pensato e comunicato a partire dalle\u00a0Meditaciones del Quijote<\/span>\u00a0del 1914.La sua idea di base fu che, se la filosofia \u00e8 pensiero esatto e razionale, indirizzato allo studio dell’essere<\/span>, allora questa splendida attivit\u00e0 intellettuale, durata 2.500 anni, si poteva considerare conclusa: sarebbe cominciata una \u00abseconda navigazione<\/span>\u00bb e un’\u00abultra-filosofia<\/span>\u00bb.<\/p>\n

In vino veritas\u00a0<\/span>\u00e8 la citazione di un titolo che Ortega progettava per un capitolo non scritto del suo commento al\u00a0Convito<\/span>\u00a0platonico,con un simpatico riferimento al \u00abpensiero mitico\u00bb e al dionisismo – il quale, va precisato, non rappresenta un’alternativa alla filosofia, un atteggiamento a cui in qualche modo si dovrebbe tornare. Ortega non aveva alcun atteggiamento regressivo e la critica alla nozione di\u00a0essere<\/span>\u00a0era per lui l’esigenza di procedere in avanti, non di recuperare interpretazioni pseudo-tradizionaliste.<\/p>\n

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Lo Sciamano e il pensatore e altri scritti coevi \u00abSe il divino, paradossalmente, si rivela attraverso il mondo, quest’ultimo pu\u00f2 esser vi-sto secondo due diverse prospettive: a) ci\u00f2 che le cose sono fisicamente; b) ci\u00f2 che esse si-gnificano in quanto ierofanie. L’uomo arcaico si \u00e8 occupato della seconda prospettiva. Se la divinit\u00e0 pu\u00f2 manifestarsi attraverso il mondo sensibile, questo, allora, non pu\u00f2 essere radicalmente altro dalla divinit\u00e0. Come minimo \u00e8 necessario che esso sia assoggettato al potere del divino. pi\u00f9 specificamente, nella mentalit\u00e0 arcaica e mitica, il mondo \u00ab\u00e8\u00bb, formal-mente, un potere del divino. Cos\u00ec l’uomo non si preoccupa di ci\u00f2 che l’oggetto \u00e8 secondo la prospettiva scientifico-razionale, non perch\u00e9 non abbia le capacit\u00e0 intellettuali per porsi tali problemi, ma perch\u00e9 sa gi\u00e0 che cosa l’oggetto \u00e8 in ultima analisi: \u00e8 un potere del divino. Il significato dell’universo si racchiude nel fatto che esso, ontologicamente, \u00e8 espressione di una realt\u00e0 trascendente e illimitata, che per\u00f2, in un certo senso, si autolimita nelle cose, per manifestarsi attraverso di esse, senza che la sua trascendenza venga meno. Ci\u00f2 d\u00e0 all’universo una struttura intima, che \u00e8 cosmos, alla vita un significato interiore, che \u00e8 rito, pur dentro l’ambito della concreta libert\u00e0 umana.\u00bb Parmenide e la capra (Arkh\u00e9 2) Parmenide e la capra \u00e8 un breve trattato, molto \u201corientale\u201d, sull\u2019alchimia del sentire e sulla critica dell\u2019idea dell\u2019essere. Si tratta di due aspetti connessi al tema dell\u2019Arkh\u00e9, dell\u2019\u00aborigine\u00bb, intesa sia nel senso greco del momento iniziale del divenire della realt\u00e0, sia come radice attuale del dinamismo del reale: il reale \u00e8 attivo per se stesso in virt\u00f9 del suo potere, da cui emana come da una sorgente perenne. Questa sorgente inesauribile \u00e8 il potere del divino in attivit\u00e0, che produce e regge l\u2019universo. Interno al reale, come un frammento di esso, lo sguardo dell\u2019individuo non pu\u00f2 andare oltre l\u2019osservazione dell\u2019effetto del potere in attivit\u00e0 (la \u201cnatura naturans\u201d, nell\u2019espressione della scolastica medievale), non pu\u00f2 cio\u00e8 costruire una filosofia che sia davvero meta-fisica; pu\u00f2, per\u00f2, demolendo l\u2019illusorio concetto di \u201cessere\u201d, percepire la natura come una totalit\u00e0 organica e vivente con la quale \u00e8 in comunicazione. Tra la persona e la realt\u00e0 non c\u2019\u00e8 n\u00e9 un legame logico, n\u00e9 un distanziamento insuperabile, n\u00e9 una confusione panteista, bens\u00ec una comunicazione vitale che, nel sentire personale, pur tra mille voci a volte contraddittorie e ambigue, lascia trasparire un\u2019eco della voce divina. Nel mondo troviamo tante realt\u00e0 diverse, e di tutte predichiamo l’entit\u00e0, operando gi\u00e0 una separazione concettuale tra l’entit\u00e0, che \u00e8 unica, e le cose singole, che sono tante, molteplici, diverse, irriducibili tra loro. Quando parliamo dell’albero come di un ente, abbiamo gi\u00e0 astratto dall’albero (che \u00e8 concreto, produce mele, secca e diventa legna da ardere) qualcosa che non \u00e8 albero ma: \u00abalbero a prescindere da tutte le sue caratteristiche eccetto l’esistenza\u00bb. Il concetto di ente contiene gi\u00e0 la teoria dell’essere. Per\u00f2 non spiega come sia possibile prescindere da tutte le caratteristiche dell’albero tranne una: quando operiamo questa astrazione, non parliamo di alberi reali, prescindiamo completamente dall’intero mondo della nostra esperienza e parliamo di un albero che non abbiamo mai percepito con i sensi. La complessa realt\u00e0 dell’albero viene separata dal suo puro essere qui – un albero che non esiste e di cui dimostriamo l’esistenza con il ragionamento. Esser-qui, di che? Non l’esser-qui di una cosa reale, ma un esser-qui indeterminato e senza cose: un fantasma. Ente viene da ens, traduzione latina del greco on, participio presente del verbo essere in una strana forma neutra. Vuol dire essente, ed \u00e8 tratto da una situazione reale. Significa che dinanzi agli occhi di Parmenide seduto su una panca c’\u00e8 la capra, l’erba che la capra sta brucando, poco pi\u00f9 in l\u00e0 c’\u00e8 Zenone, vicino la brocca del vino, e da qualche parte un ruscello di cui si sente lo scorrere dell’acqua. Tutte queste cose sono qui, presentemente, ma ciascuna cos\u00ec come \u00e8: la capra come capra, e andr\u00e0 al ruscello a bere; Parmenide come Parmenide, Zenone come Zenone, ed entrambi bevono il vino. Ognuna di queste realt\u00e0 ha la sua consistenza. Si ipotizza che queste consistenze diverse siano modi di una consistenza unica, indifferenziata, di una consistenza in s\u00e9; cio\u00e8 che primariamente le cose consistano nel consistere e che la loro differenziazione non sia la condizione costitutiva, irrinunciabile, ultima di ogni consistere concreto. Si ipotizza che esser-Parmenide ed esser-capra implichino un essere-senza-attributi, senza ci\u00f2 che lo rende ora Parmenide ed ora capra. Questa appunto l’ipotesi da demolire. Vie del sapere tra Oriente e Occidente (Arkh\u00e9 3) L’apparente forza logica dell’idea secondo cui l’essere \u00e8, e non pu\u00f2 non essere\u00a0(questa \u00e8 la sostanza del discorso, anche se la formula usata da Parmenide \u00e8 un po’ pi\u00f9 complessa), cade osservando che il termine che traduciamo con\u00a0essere,\u00a0to on, viene usato nel significato linguistico che gli appartiene secondo la grammatica greca, ma\u00a0dopo che lo si \u00e8 tolto dalle condizioni che lo rendono significante nella lingua reale. Nella lingua reale diciamo che una cosa \u201c\u00e8”, in quanto abbiamo visto le sue caratteristiche, il suo aspetto, e dunque ci appare…\u00a0essere un asino, una capra, una botte, una persona. Insomma usiamo il verbo essere in costante riferimento a un soggetto, un luogo, un tempo:\u00a0a qualcosa di determinato. Proprio perch\u00e9 ci sono queste determinazioni il verbo\u00a0essere\u00a0ha un significato comprensibile. Siccome davanti a me \u201cc’\u00e8\u201d\u00a0un oggetto che possiede le determinazioni e le caratteristiche della capra, si capisce che cosa dico quando uso la frase:\u00a0questa \u201c\u00e8” la capra.\u00a0Ma se non c’\u00e8 la capra, non posso usare il verbo\u00a0essere.\u00a0Se qualcuno mi dice che\u00a0c’\u00e8\u00a0qualcosa che non ha alcuna determinazione, ma che possiamo chiamare\u00a0essere, allora deve presentarmi questa cosa, perch\u00e9 io non l’ho mai vista e non credo che esista. Di qualcosa che al tempo stesso\u00a0sia, ma non\u00a0abbia\u00a0determinazioni, non abbiamo alcuna esperienza. \u00c8 vero che\u00a0c’\u00e8\u00a0l’albero e\u00a0c’\u00e8\u00a0la capra, ma \u00e8 ipotetico che l’essere-albero\u00a0e l’essere-capra\u00a0implichino un\u00a0essere-n\u00e9-albero-n\u00e9-capra, e tuttavia continuando a essere con effettivit\u00e0 di realt\u00e0: non c’\u00e8 esperienza di questo. Astrarre un\u00a0essere comune\u00a0dalle frasi (effettivamente significanti): \u201cquesta \u00e8 la capra”, \u201cquesta \u00e8 la brocca”, equivale ad\u00a0astrarre la parola che hanno in comune (\u201c\u00e8”), pretendendo che possa conservare il suo significato. Come dimostrazione vale quanto astrarre dalle due frasi l’articolo \u201cla” e pretendere che sia la radice dell’intero universo. Lao-tze, il maestro a cui viene attribuito il\u00a0Tao-t\u00ea-ching, non c’era cascato. Se qualcosa ha un nome e\/o una forma, vuol dire che si colloca all’interno del processo della generazione, o divenire: \u00e8 nato da qualcos’altro. Se si cerca l’origine dell’intero processo del divenire mondano, cio\u00e8 del complesso delle cose che hanno nome e forma, bisogna vederla non in qualcosa che \u00e8 gi\u00e0 differenziato e individuato (=\u00e8 uno degli esseri), ma in un principio formatore e, pertanto, pre-formale, al quale non possiamo applicare alcun nome di quelli che usiamo per distinguere e denominare gli esseri mondani. Per quanto pesi a Parmenide, ci\u00f2 che \u201c\u00e8” pu\u00f2 derivare solo dal\u00a0non essere. Physis: l\u2019origine e le differenze (Arkh\u00e9 4) D\u2019altro canto, non ci si pu\u00f2 neppure illudere circa l\u2019esisten-za di un soggetto: soggetto e oggetto sono astrazioni che si creano contestualmente: ci\u00f2 che oggettivizza il mondo \u00e8 il punto di vista intellettuale che, immediatamente, rivendica per s\u00e9 la qualit\u00e0 di soggetto. Ma come l\u2019oggetto \u00e8 distante dal mondo reale, altrettanto lo \u00e8 il soggetto dalla persona concretamente vivente: soggetto e oggetto sono separati tra loro e distanti dalla realt\u00e0, o meglio, sono reali nella particolare forma della simulazione: simuliamo che la persona sia un punto di vista ideale, capace di abbracciare simultaneamente tutti i punti di vista possibili, e questo produce una simulazione di realt\u00e0, come in una carta geografica: \u00e8 ovvio che questo sia utilissimo e forse imprescindibile, ma il mondo vero resta fuori dallo schema che lo rappresenta. Giorgio Colli: la sapienza folgorante Apollo e Dioniso, dunque, coincidono in quanto conducono all’estasi. Poi si pone un problema successivo: manifestare e comunicare la sapienza. \u00c8 un problema di espressione: da un lato usiamo parole che hanno gi\u00e0 un significato quotidiano e consolidato nell’uso corrente, dall’altro dobbiamo esprimere attraverso queste parole standardizzate qualcosa che si lega a un’esperienza inconsueta ed eccezionale. Allora, le parole abituali, che per il loro uso corrente richiamano oggetti dell’esperienza quotidiana, risultano equivoche e fuorvianti. Di conseguenza, se occorre esprimersi con parole, sar\u00e0 necessario fare in modo che esse non abbiano un senso immediato e rapportabile alla loro quotidianit\u00e0; si ha bisogno di un uso diverso, che obblighi l’ascoltatore ad abbandonare il pregiudizio di conoscere gi\u00e0 l’intero significato dei termini impiegati. Da qui l’espressione basata sul paradosso, sull’enigma, l’apparente incomprensibilit\u00e0 che richiede la mediazione di un interprete. In vino veritas…: Dionisismo e fine della filosofia in Ortega y Gasset Negli ultimi quindici anni circa della sua attivit\u00e0, Jos\u00e9 Ortega y Gasset ha cercato una filosofia che non solo fosse nuova rispetto alle precedenti, come spera ogni filosofo di razza, ma fosse anche rivoluzionaria rispetto alla sua, quella che aveva pensato e comunicato a partire dalle\u00a0Meditaciones del Quijote\u00a0del 1914.La sua idea di base fu che, se la filosofia \u00e8 pensiero esatto e razionale, indirizzato allo studio dell’essere, allora questa splendida attivit\u00e0 intellettuale, durata 2.500 anni, si poteva considerare conclusa: sarebbe cominciata una \u00abseconda navigazione\u00bb e un’\u00abultra-filosofia\u00bb. In vino veritas\u00a0\u00e8 la citazione di un titolo che Ortega progettava per un capitolo non scritto del suo commento al\u00a0Convito\u00a0platonico,con un simpatico riferimento al \u00abpensiero mitico\u00bb e al dionisismo – il quale, va precisato, non rappresenta un’alternativa alla filosofia, un atteggiamento a cui in qualche modo si dovrebbe tornare. Ortega non aveva alcun atteggiamento regressivo e la critica alla nozione di\u00a0essere\u00a0era per lui l’esigenza di procedere in avanti, non di recuperare interpretazioni pseudo-tradizionaliste.<\/p>\n","protected":false},"author":2,"featured_media":2000,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[13],"tags":[728,489,726,278,700,725,195,724,104,492,337,156,721,110,781,723,112,115,214,732,330,329,125,128,279,782,490,331,784,491,783,166,136,488,138,140,144,727],"acf":[],"_links":{"self":[{"href":"https:\/\/claydscap.com\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/1988"}],"collection":[{"href":"https:\/\/claydscap.com\/wp-json\/wp\/v2\/posts"}],"about":[{"href":"https:\/\/claydscap.com\/wp-json\/wp\/v2\/types\/post"}],"author":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/claydscap.com\/wp-json\/wp\/v2\/users\/2"}],"replies":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/claydscap.com\/wp-json\/wp\/v2\/comments?post=1988"}],"version-history":[{"count":5,"href":"https:\/\/claydscap.com\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/1988\/revisions"}],"predecessor-version":[{"id":1999,"href":"https:\/\/claydscap.com\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/1988\/revisions\/1999"}],"wp:featuredmedia":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/claydscap.com\/wp-json\/wp\/v2\/media\/2000"}],"wp:attachment":[{"href":"https:\/\/claydscap.com\/wp-json\/wp\/v2\/media?parent=1988"}],"wp:term":[{"taxonomy":"category","embeddable":true,"href":"https:\/\/claydscap.com\/wp-json\/wp\/v2\/categories?post=1988"},{"taxonomy":"post_tag","embeddable":true,"href":"https:\/\/claydscap.com\/wp-json\/wp\/v2\/tags?post=1988"}],"curies":[{"name":"wp","href":"https:\/\/api.w.org\/{rel}","templated":true}]}}