Mario Faraone: «Prompted by motives of curiosity»: L'orientalismo interculturale di William Beckford, autore di Arabian Tales nell’Inghilterra del XVIII secolo. Studi Interculturali, 2/2014, n. 5
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Mario Faraone: L’orientalismo interculturale di William Beckford

Mario Faraone:: «Prompted by motives of curiosity»: L’orientalismo interculturale di William Beckford, autore di Arabian Tales nell’Inghilterra del XVIII secolo.

Studi Interculturali, 2/2014, n. 5 – pdf gratuito

Una stanza con luce soffusa, rifratta, a tratti lampeggiante… domina il colore rosso nelle sue varie tonalità, sia nella luce che nello scarno arredamento… pareti coperte una tenda spessa che non permette di vedere in trasparenza, uno o più divani di pelle nera, un tavolino con rotelle, un paio di lampade a piantana, un pavimento che mostra uno strano e inquietante motivo a zig-zag… Una musica, ripetitiva e apparentemente senza fine… Un uomo, di piccole dimensioni… talmente piccole da poter essere definito un nano… vestito di rosso, in una stanza rossa con tende rosse, danza un movimento lento e morbido, a tratti sincopato, ma generalmente fluido, seguendo la musica e tracciando degli arabeschi personalissimi, tra i zig-zag del pavimento… e, quando parla, lo fa con voce fonda e pronunciando le parole al rovescio…

La red room della Black Lodge di Twin Peaks, serial televisivo ideato, prodotto e in parte diretto da David Lynch con la collaborazione di Mark Frost, è uno dei luoghi più inquietanti dell’arte contemporanea, capace di evocare angosce e déjà-vu – o, meglio, déjà connu – negli spettatori e nei lettori delle novelizations tratte dal serial stesso.[1] Luogo fortemente simbolico, spesso interpetrato come una proiezione della mente dell’agente speciale Dale Cooper incaricato delle indagini per l’omicidio di Laura Palmer, la red room e il suo principale abitante, il piccolo man from another place – come è indicato nella sceneggiatura originale del telefilm – possono essere considerati come una versione moderna dell’inferno e di Satana, e le caratteristiche con cui vengono ritratti sono certamente un debito alle moltissime letture e conoscenze di David Lynch, uno dei registi più acuti e più eruditi nell’ambito della multidisciplinarietà artistica che contraddistingue l’età contemporanea. Mi chiedo quanti, vedendo il telefilm, abbiano riconosciuto nell’invenzione di Lynch molte caratteristiche già presenti nella caratterizzazione dell’inferno e dei suoi abitanti, nella scena finale di Vathek (1787), romanzo di William Beckford, raffinato scrittore e intellettuale britannico del XVIII secolo. La risposta non è semplice, perché questo romanzo, consciamente o meno, permea molte delle espressioni artistiche della nostra epoca. E il suo sostrato interculturale viene da lontano, da molto lontano: perlomeno dal medioevo arabo.

Cosa c’è in Vathek da possedere, al tempo stesso, la potenza magnetica di attrarre inesorabilmente i lettori dei due secoli successivi, e la scorza duratura di opera di alto rango, capace ancora oggi di inquietare e catturare un pubblico vasto in un panorama interculturale quanto mai eterogeneo? L’intera generazione romantica, da George Gordon Byron a Robert Southey, da Thomas Moore a John Keats, subisce profondamente l’influsso di questo strano e immediatamente controverso romanzo gotico, che in fin dei conti sfugge anche ai confini già piuttosto blandi di questa categoria narrativa molto popolare verso la fine del XVIII secolo e i primi quarant’anni almeno del XIX. Jorge Luis Borges è talmente affascinato dall’inventiva mostrata da Beckford, soprattutto dalla costruzione fisica e psicologica dell’inferno dove il protagonista eponimo e la sua compagna Nouronihar passeranno l’eternità con il cuore divorato dalle fiamme, da considerare questa opera settecentesca come un vero e proprio prodromo della narrativa della modernità:

Saintsbury y Andrew Lang declaran o sugieren que la invención del Alcázar del Fuego Subterráneo es la mayor gloria de Beckford. Yo afirmo que se trata del primer Infierno realmente atroz de la literatura. Arriesgo esta paradoja: el más ilustre de los avernos literarios, el dolente regno de la Comedia, no es un lugar atroz; es un lugar en el que ocurren hechos atroces. La distinción es válida.

Stevenson (A Chapter on Dreams) refiere que en los sueños de la niñez lo perseguía un matiz abominable del color pardo; Chesterton (The Man who was Thursday, IV) imagina que en los confines occidentales del mundo acaso existe un árbol que ya es más, y menos, que un árbol, y en los confines orientales, algo, una torre, cuya sola arquitectura es malvada. Poe, en el Manuscrito encontrado en una botella, habla de un mar austral donde crece el volumen de la nave como el cuerpo viviente del marinero; Melville dedica muchas páginas de Moby Dick a dilucidar el horror de la blancura insoportable de la ballena… He prodigado ejemplos; quizá hubiera bastado observar que el Infierno dantesco magnifica la noción de una cárcel; el de Beckford, los túneles de una pesadilla. La Divina Comedia es el libro más justificable y más firme de todas las literaturas: Vathek es una mera curiosidad, the perfume and suppliance of a minute; creo, sin embargo, que Vathek pronostica, siquiera de un modo rudimentario, los satánicos esplendores de Thomas de Quincey y de Poe, de Charles Baudelaire y de Huysmans. Hay un intraducible epíteto inglés, el epíteto uncanny, para denotar el horror sobrenatural; ese epíteto (unheimlich en alemán) es aplicable a ciertas páginas de Vathek; que yo recuerde, a ningún otro libro anterior.[2]

Come si vede, Borges attribuisce al romanzo di Beckford un ruolo di apripista nei confronti di molte grandi opere della letteratura mondiale seguente. Quel che è certo è che Vathek si colloca senz’altro in quella che nel passato è stata spesso definita dalla critica come la Great Tradition della letteratura universale. Ma perderemmo le coordinate con cui orientarci in questo viaggio complesso e articolato se non considerassimo che il Vathek di Beckford è prima di tutto uno straordinario esempio di narrativa orientale, che nel XVIII secolo costituisce uno dei generi di maggior successo nel panorama culturale e intellettuale europeo, in particolar modo in Inghilterra. Un’abile prova di imitazione come molte altre che riscuotono un successo tale da essere continuamente ristampate nel corso del secolo successivo? No, c’è molto altro, molto di più dietro alla maggior prova narrativa del «califfo di Fonthill», come il suo autore è stato spesso definito da ammiratori e studiosi. Si tratta di uno dei primi esempi di scrittura interculturale della letteratura europea, un esempio di come tradizioni, temi, realtà tra di loro molto diverse possano fondersi con competenza e sensibilità per produrre nuove modalità espressive e nuovi stimoli artistici in grado di influenzare profondamente la cultura dei secoli successivi… [continua a leggere…]

[1] Mi riferisco ai volumi The Secret Diary of Laura Palmer (1990); The Autobiography of F.B.I. Special Agent Dale Cooper: My Life, My Tapes (1991); all’audiolibro «Diane…» – The Twin Peaks Tapes of Agent Cooper (1992); e al film Twin Peaks: Fire, Walk With Me (1992), che rappresenta sia un prequel che un sequel della serie televisiva.

[2] Jorge Luís Borges, «Sobre el Vathek de William Beckford», Otras inquisiciones, in Obras completas 1923-1972, Emecé Editores, Buenos Aires 1974, pp. 631-776, in particolare pp. 729-732; la citazione a p. 732.