«¿Por qué seguimos leyendo (y escribiendo) novelas?»: la contemporaneità interculturale di Arturo Pérez-Reverte, Javier Marías ed Eduardo Mendoza
BUONE LETTURE

Mario Faraone: «¿Por qué seguimos leyendo (y escribiendo) novelas?»: la contemporaneità interculturale di Arturo Pérez-Reverte, Javier Marías ed Eduardo Mendoza

Mario Faraone
«¿Por qué seguimos leyendo (y escribiendo) novelas?»: la contemporaneità interculturale di Arturo Pérez-Reverte, Javier Marías ed Eduardo Mendoza

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estratto da “Studi Interculturali” 3, 2013

Studi interculturali è una rivista pubblicata dal Centro di Studi Interculturali Mediterránea, col patrocinio del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Trieste e il coordinamento editoriale di Gianni Ferracuti. Tutti i volumi si possono scaricare gratuitamente dai siti interculturalita.it e ilbolerodiravel.org. Vengono inseriti su claydscap.com i singoli articoli della rivista, estratti dal pdf originale.

“Siamo moderni o contemporanei? Il quesito ha una lunga tradizione in ambito umanistico e, ovviamente, diverse epoche e diversi autori hanno dato risposte eterogenee e spesso tra di loro conflittuali. Anche perché il significato di questi due termini è mutevole, non solo con il trascorrere delle epoche ma anche all’interno di uno stesso periodo. Attestare la nascita della modernità alla cosiddetta «scoperta dell’America» nel 1492, come accadeva ancora nella seconda metà del XX secolo, appare oggi un’affermazione pochissimo sostenibile. E tale appare anche considerare punto di svolta la transizione culturale, storica e sociale segnata dal Rinascimento europeo, pure attestata come vero e proprio momento epocale a esempio dall’intero teatro Elisabettiano, e dalle opere di William Shakespeare in particolare.

Certo, sono punti di svolta, segni di precisi cambiamenti, eppure gli eventi storici e i movimenti culturali da soli non bastano a denotare la trasformazione del pensiero e della società. Cosa, allora, può aiutarci a comprendere meglio la nostra posizione nei confronti dell’epoca in cui viviamo? Nel 1963, il poeta Stephen Spender pubblica The Struggle of the Modern, titolo tradotto argutamente in italiano come Moderni o contemporanei?, una serie di riflessioni personali sui valori della letteratura e dell’arte del XX secolo, frutto in buona misura (anche se non completamente) di una serie di conferenze tenute da Spender nel 1959 alla University of California at Berkeley. Nel definire delle coppie oppositive come moderni e contemporanei, che definisce anche recognizers e non-recognizers, lo scrittore afferma che «The contemporaries […] see the changes that have taken place in civilisation as the result of the developments of scientific technology, and think that, on the whole, the duty of writers is to enlist their art to support the cause of progress. The moderns, on the whole, distrust, or even detest, the idea of progress, and view the results of science as a catastrophe to the values of past civilization; […]». Nell’affermazione di Spender, mutatis mutandis, è contenuta una delle chiavi per districarsi nel labirinto di due termini che condividono la radice etimologica e che sono spesso considerati veri e propri sinonimi nei dizionari. L’idea generale che sembra emergere dall’analisi della letteratura del XX secolo, è quella di una sottile (eppure sostanziale) differenza nel modo di porsi nel confronto del passato, non solo quello individuale, ma anche di un’intera generazione, di una civiltà: la modernità è uno sforzo consapevole di rifiutare il passato per produrre nuove istanze con modalità diverse, alla ricerca di nuovi e diversi risultati; la contemporaneità consiste soprattutto nell’essere nel presente e interagire con esso, senza rifiutare per forza il passato e senza cercare di essere nuovi a tutti i costi. È piuttosto una ricerca di modalità diverse per rileggere il passato, al fine di comprendere meglio il presente. Il XX secolo ha consegnato all’uomo contemporaneo moltissimi strumenti per favorire questa rilettura, e multidisciplinarietà e interculturalità sembrano essere probabilmente i più poderosi per individuare queste nuove vie.

Il panorama letterario della Spagna post-franchista offe numerosi esempi di autori che hanno concentrato i propri scritti – siano essi narrativi o drammaturgici, saggistici o poetici – nel riflettere non solo sulla condizione della Spagna contemporanea ma anche su quella del mondo contemporaneo, e dell’uomo contemporaneo, attingendo a diverse modalità interpretative e rappresentative. Il ritorno in auge del romanzo storico, ad esempio, non è limitato a un semplice vagheggiare un passato identitario ormai perduto, con nostalgia e malinconia, ma piuttosto a individuare e porre in risalto dinamiche sociali, politiche e artistiche che quel passato ha in comune con il presente, studiare meglio quello al fine di comprendere meglio questo. Allo stesso modo si può comprendere la riscoperta della picaresca, genere tipico del lontano periodo del Siglo de Oro, ma che permette analisi e denuncia delle disfunzioni della società contemporanea. E rifarsi ad autori di altre letterature e a generi letterari collaudati altrove, come il romanzo poliziesco e lo sperimentalismo narrativo, permette analisi intertestuali molto acute che aprono nuove vie e offrono nuove possibili soluzioni artistiche e sociali proprio grazie al ricorso ai paradigmi multidisciplinari e interculturali che il mondo contemporaneo sembra offrire.

Il presente studio offre l’analisi, certo limitata dalle dimensioni del contributo, di tre degli autori più rappresentativi del panorama contemporaneo spagnolo. Arturo Pérez-Reverte, Javier Marías ed Eduardo Mendoza sono tre autori, principalmente (ma non solo) romanzieri, che hanno conseguito un vasto successo anche grazie alla loro capacità di porre in discussione le certezze artistiche ricevute in eredità dal passato letterario; di mettere alla prova tecniche e generi tradizionali importandone di nuovi o cambiando le regole consolidate; di intuire nuove modalità di lettura della storia e della cultura della società spagnola contemporanea; e di comprendere che questa storia e questa cultura non è, e non può essere, separata da un’interpretazione interculturale del mondo attuale. …”

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