F. T. MARINETTI E IL FUTURISMO

Mario Carli: Appunti sul suicidio (1918)

Appunti sul suicidio
Mario Carli

L’Italia Futurista Anno 02, 1918, Nr. 004

L’istante più tragico è quello in cui ci si accorge di non avere nè la forza di uccidersi nè quella di seguitare a vivere.

Che gusto c’è a morire, se non si ha nulla da rimpiangere e se non si lascia nessuno a piangere? Lo sfortunato, l’abbandonato, l’oscuro miserabile, non può spremere dalla morte nessuna voluttà che gliela trasfiguri : perciò deve desiderarla meno degli altri.

Giuro che oggi non mi sono ucciso solo perchè mi sono ricordato di non aver visto ancora un certo villaggio sperduto nel fondo dell’Africa tropicale.

Se volete credere veramente alle vostre intenzioni di suicidio, guardatevi bene dal pensarci la sera, quando state per coricarvi (il suicidio è un atto che esige la pienezza meridiana delle vostre energie): vi accadrà sempre di trovarvi a letto all’improvviso, di addormentarvi distrattamente, e la mattina dopo, con la luce, di esservene completamente dimenticato.

Ho deciso che il mio suicidio avverrà davanti allo specchio, con la solita rivoltella (in ultima analisi, è ancora la forma più chic), e col mio frack “dernier cri.” Davanti allo specchio: voglio un testimone, ma che non mi fermi la mano al momento decisivo. E inoltre, voglio VEDERE realmente questa mia famosa impassibilità. Saprò sorridere alla mia vera morte come ora faccio a un’idea, a una fantasticheria?

Invece no. Niente rivoltella. È troppo di cattivo gusto (l’abuso del “buon gusto” diventa facilmente il suo rovescio), e un atto decisivo, come questo deve avere un carattere ben più originale. Io voglio che il mio suicidio sia il sunto e l’apoteosi di tutte le stonature, i contrasti, le ridicolaggini, le deficienze, gli sforzi disperati, le truccature grottesche, i miserabili espedienti, di cui è intessuta la nostra vita. Non voglio morire esteticamente: al diavolo la letteratura ipocrita di Petronio, Sardanapalo, Werther, Tristano e Isotta! Mediocrità impotente, suicidio ufficiale davanti a un pubblico balordo! La vita ha molta più fantasia. I genii muoiono quasi tutti nell’ironia più sbilenca; Poe da ubriacone, in una stradaccia americana; Shelley in mutandine da bagno, o press’a poco; Cyrano per una sassata alla testa; Rimbaud con una gamba sola… Come ciò stride con l’estetica! Ma è ancora poco, non è che lo spunto: io voglio arricchirlo, dilatarlo, farne un poema umoristico. La mia morte sarà un’orgia di comicità.

E se proprio nell’attimo irreparabile balzasse nel mio cervello qualche grandiosa scoperta, qualche rivelazione che contenesse il germe della felicità?

Donne, ditemi che sono un uomo straordinario, giuratemi che il mio fascino non si esaurirà, promettetemi la vostra fedele adorazione. È la sola gloria che desidero. Mi basta per morire.

Il perchè di un suicidio? Ecco una domanda indiscreta! Si domanda forse perchè un uomo si innamora, perchè fa dei debiti, perchè fa il prete? Io lascierò scritto, per tagliar corto alle ipotesi, questa frase: “Non lo so neppur io”.

Infatti, è forse necessaria una determinante? e dolorosa, per giunta? Chi è che potrà darmi di pazzo se un bel giorno “arrivato” nella mia carriera, soddisfatto di me, sicuro dell’avvenire, pieno di soldi, amato dalle donne, celebre e potente, non sapendo più che fare, al colmo dell’ottimismo e della noia, mi farò saltare le cervella?

Uccidersi perché ci si sente infelici, sfortunati, vinti? Ma no. Forse che un colpo di rivoltella può avere il potere di rendere meno infelice, meno sfortunato, meno vinto, chi lo è tanto da desiderare la morte? NULLA SAREBBE CAMBIATO. E poi c’è un pericolo: quello di non sapersi uccidere: cosa che può capitare facilmente a chi è infelice, sfortunato, vinto… “Morire: dormire… forse sognare…”

Sognare i miscugli mostruosi, gli insegnamenti affannosi, le cadute interminabili, gli occhi ambragialli dell’ossessione, la voce implacabile della “signora Faccioni” il minuto che scocca ferocemente matematico? e i soffocamenti, le valanghe gli abissi, le lontananze, le nebbie, il buio massiccio che scende tra le cose come in uno stampo? continuare a sognare questo tremendo inferno delle mie notti d’incubo? Ah no! meglio la vita, allora. Almeno c’è il risveglio. E si può fuggire…

SUICIDIO NON È MORTE

Il suicida è il volontario di fronte all’aggiogato, è l’amante di fronte al marito, è l’uomo libero di fronte allo schiavo. Suicidio vuol dire iniziativa, fantasia, creazione, amore, disinvoltura, personalità. Morte è passività, impotenza, lutto, sconfitta, decomposizione. La morte involontaria ha quasi sempre un’atmosfera di sudicio (bende, medicinali, disinfettanti marcio, puzzo), mentre il suicidio è una cosa asciutta, pulita, direi quasi, sana. Questo è un rosso lampo energico e breve: quella, una lunga chiazza giallastra e umidiccia come la bava di una lumaca. Intorno al suicida accorrono le anime dei diamanti scheggiati, delle orchidee morte su seni sfolgoranti, dei tramonti diabolici che incendiarono gli universi e s’incenerirono freddamente. Ma presso il letto di chi muore suo malgrado non restano che una sputacchiera sfruttata, un bidone d’ossigeno, degli occhi rossi, un pallore schifoso, un tanfo di chiuso, e l’avvicinarsi di un fiasco di creolina.

Ho sempre creduto (mistero di certe convinzioni istintive, non ragionate, e neppure discusse dalla coscienza!) ho sempre creduto che la morte dell’uomo sia organizzata e decisa da un dio che solo in quel momento si sente disposto a riceverci nella sede apparecchiata secondo le sue più o meno ipocrite intenzioni. È logico quindi che questo dio proibisca il suicidio, proibisca cioè all’uomo di balzare all’improvviso nella nuova dimora, sorprendendo i segreti del padron di casa, che in quel momento potrebbe essere intento, chi sa, a truccarsi le ciglia, o a fare un pediluvio.

Un’idea! Se invece di questi pochi appunti, mi proponessi di scrivere un’opera di venti volumi su questo stesso argomento? Sarebbe un modo di guadagnar tempo. Terminata l’opera, io mi troverei vecchio, e la rivoltella, arrugginita….

So che qualcuno vorrebbe capire, da queste note, se la mia apparente simpatia per il suicidio si tradurrà o no in azione personale. Concludere, concludere… Lasciamo stare. Oggi è maggio: le magnolie scoppiano esuberanti sui grandi alberi enfatici. All’autunno la risposta.

Mario Carli